Non sono certa che l’espressione indicata nel titolo esista e/o sia corretta.
Semplicemente, esprime l’estrema sintesi di ciò che sto per scrivere…

Quando penso alla generazione dei miei nonni, mi viene subito in mente quante poche possibilità di interazione avessero.
Ricordo che nel loro sgabuzzino, trovai una scatola con dentro lettere scambiate tra loro in gioventù. Correlate di foto tessere, come a voler ricordare all’altro/a che quell’inchiostro nascondeva una persona con fattezze di cui potersi invaghire.
Il punto non è cosa si scrivessero ma che, in un periodo di lontananza, quello potesse essere l’unico modo – lento – di mantenere i contatti, la conoscenza e l’interesse.
Il tempo che intercorreva tra una lettera e l’altra, poteva essere lo spazio in cui immaginare o sperare cosa la risposta dell’altro/a avrebbe contenuto. In solitudine. Senza confronto diretto.
Quando finalmente ci si poteva vedere, null’altro contava. Ci si viveva il momento, sapendo con certezza che avrebbe messo le basi per quelli successivi.
Oggi abbiamo messaggi istantanei, social e per i più nostalgici, telefonate con minuti illimitati. Volendo, possiamo mantenere contatto costantemente.
Ci siamo così abituati a questa iper connessione con il mondo, da sentirci quasi a disagio quando le comunicazioni virtuali non sostengono lo spessore e l’intensità dei momenti vissuti insieme.

Può accadere anche l’opposto. Online fuochi d’artificio e di persona calma piatta. Eppure questo mi sembra più comprensibile ed accettabile del contrario.
La maggior possibilità di conoscere persone, ci sta facendo diventare incontentabili e più fragili.
A seconda del momento della vita che stiamo vivendo, dentro di noi si creano aspettative e desideri che poi proiettiamo su chi incrocia la nostra strada.
Oppure capita di non voler assolutamente nulla, fuorché la leggerezza e proprio in quel momento arriva quel “di più”.
Inutile dire che la “Legge di Murphy” interviene sempre quando può far più danni.
Se sei pront* a vivere a 360• le tue emozioni, inevitabilmente non troverai la persona giusta con cui viverle.
Se non sei pront*, sicuro come l’afa ad agosto, ti arriverà addosso una valanga di affetto e non saprai gestirlo!
Siamo sempre e comunque deficienti emotivi. Non sappiamo far altro che mancare di capacità emotive. Da una parte e dall’altra.
Ci facciamo sopraffare dalla paura e se per caso decidiamo di vincerla, l’esito negativo ci spingere a dubitare di noi stess* ed ecco che si generano nuove paure.
Sono certa che i miei nonni, con meno possibilità, una vita più semplice e con meno distrazioni, tanti problemi non se li siano mai fatti!
Hanno vissuto le emozioni così come arrivavano, positive e negative, lasciando il cervello in panchina per le questioni austere della vita.
Torneremo mai a quella saggezza?!
Ho malinconia di un la vita che in realtà non è mai stata la mia!
Eccomi, sono Valeria, ho 33 anni e sono una deficiente emotiva.
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